La Galleria delle Stalattiti collega la Sala delle Farfalle a quella del fumo .
La Galleria delle Stalattiti prende il suo nome dalle decorazioni a “muqarnas” che pendono dal soffitto, tipiche della tradizione islamica.
Il Corridoio è a pianta rettangolare ed è diviso in tre campate, affiancate da uno spazio quadrangolare.
Le pareti di questa Galleria nella parte superiore sono decorate con arabeschi, in cui spesso si celano caratteri cufici, mentre in quella inferiore presentano uno zoccolo decorato con piastrelle di maiolica chiamate “azulejos”: si tratta un tipico ornamento dell’architettura spagnola che prevede una piastrella di ceramica non molto spessa, con una superficie smaltata e decorata.
Le tre campate sono coperte da cupole; La cupola centrale è decorata con un intreccio di nodi dorati su fondo azzurro e al centro una corona e un drappo bianco in cui vi è l’iscrizione latina :
MAGNA VIRTUS
Anche in questo Corridoio non mancano le iscrizioni che combaciando con le decorazioni spesso passano inosservate.
Nella campata centrale per esempio si trova una straordinaria nicchia realizzata con vetrate policrome che presenta due iscrizioni: la prima si trova nella cornice esterna, la seconda nella parte interna suddivisa nei tre lati della nicchia.
Nella prima iscrizione si legge:
“O voi ch’avete l’intelletti sani mirate la dottrina che s’asconde sotto il velame degli segni strani”
riprendendo una frase dalla Divina Commedia di Dante, cambiando però la parola “versi” con “segni”, alludendo a un segreto, un mistero celato tra le forme ed i colori di questa Galleria.
Nella seconda iscrizione, questa volta in latino, emerge tutta la delusione e amarezza del marchese Panciatichi, da poco dimesso dall’incarico di deputato del Regno d’Italia, nei confronti della vita politica del tempo:
“Pudet dicere sed verum est publicani scorta – latrones et proxenetae italiam capiunt vorantque nec de hoc doleo sed quia mala – omnia no meruisse censeo”
“Mi vergogno a dirlo ma è vero, esattori, prostitute, ladri e sensali tengono in pugno l’Italia e la divorano. Ma non di questo mi dolgo ma del fatto che ci siamo meritati i nostri mali. Anno 1870.”
Testo a cura di Lucrezia Giordano / foto di C.Mantovani e F.Maddaluni