Il Castello di Sammezzano in architettura è senz’altro il più incredibile esempio di Orientalismo presente in Europa. Erroneamente definito da inesperti “opera di un folle”, Sammezzano non è un caso isolato, ma rientra a pieno titolo all’interno di una corrente culturale che influenzò l’Europa e, successivamente, gli Stati Uniti per quasi tutto il corso dell’Ottocento.
La corrente dell’Orientalismo prese vita in Francia e in Inghilterra, ma le sue radici si ritrovano nel secolo precedente. Nel Settecento infatti l’interesse per l’archeologia portò studiosi e appassionati ad esplorare luoghi del Vicino Oriente.
Napoleone, a fine Settecento, portò con sé, ad Alessandria d’Egitto, il barone Denon, collezionista ed incisore che raccontò con studi e disegni il viaggio tra i siti archeologici disseminati in Egitto e successivamente li raccolse e pubblicò nel saggio del 1803 “Viaggio nell’Alto e Basso Egitto”.
A livello politico in Europa dopo la spedizione napoleonica ci furono altri due episodi che contribuirono al consolidamento di questa nuova corrente culturale in Europa: la guerra di indipendenza della Grecia dall’Impero Ottomano, conclusa nel 1830 e lo stesso anno la conquista dell’Algeria da parte della Francia.
Le testimonianze per immagini di chi tornava da questi luoghi esotici influenzarono notevolmente la cultura europea e statunitense.
Nell’Ottocento si diffuse anche la pratica di ingaggiare artisti per documentare spedizioni in Oriente e vi furono anche degli italiani, come il pittore Alberto Pasini che realizzò alcuni disegni durante il viaggio tra la Persia, la Siria e l’Egitto o Cesare Biseo che nel 1875 intraprese una missione diplomatica in Marocco che influenzò la sua carriera artistica.
Anche l’architettura subì il fascino di quella islamica che condizionò stilisticamente moltissimi monumenti costruiti in Europa a metà Ottocento: come la Moschea di San Pietroburgo o la Casa Vicens a Barcellona realizzata da Antoni Gaudí nel 1878.
Ma anche in Italia si trovano delle preziose testimonianze di questo momento storico: per esempio la Rocchetta Mattei in Emilia Romagna (1859) o Villa Crespi in Piemonte (1879).
Ma se vogliamo guardare ancor più vicino al Castello di Sammezzano non possiamo non ricordare l’installazione di un apparato effimero, di chiara matrice moresca, in occasione dell’Esposizione circondariale per l’industria, la floricoltura e l’orticoltura del 1899 a Pistoia, oppure la costruzione a Firenze del monumento funebre al Maraja indiano nel parco delle Cascine (1870), della chiesa russo-ortodossa in via Leone X (1873), della Sinagoga ebraica (1882), la costruzione di Villa Stibbert (1880), che conserva ancora oggi preziosissime testimonianze del mondo esotico, e il Teatro giardino Alhambra in piazza Beccaria (1889) distrutto a metà Novecento.
Il Castello di Sammezzano dunque rientra a pieno titolo in questo periodo storico, il cui il fascino dell’Oriente, partito dalla Francia, arrivò fino al Valdarno. Isolata su una collina, la bellezza di Sammezzano è rimasta intatta per secoli, non subendo l’influenza dell’urbanizzazione. L’intento del marchese di omaggiare l’Oriente rende questo luogo unico in tutto il mondo, una preziosissima testimonianza di un passato di cui si parla ancora troppo poco, specialmente in un periodo storico in cui dovrebbe essere ricordato a tutti come la pacifica unione tra Oriente e Occidente produca meraviglie inestimabili.
Testo a cura di Lucrezia Giordano, storica dell’arte di Save Sammezzano